La notte tra il 25 e il 26 aprile 2015, Noise Maniakk scrisse la sua prima canzone "Denial of nature", dando ufficialmente vita al suo progetto death/thrash/core old school ROTGOD.
Oggi, i Rotgod celebrano DIECI ANNI DI MARCIUME RUMORISTA ANTISOCIALE CONTRO OGNI TREND, rilasciando un EP di quattro tracce intitolato "RAW IS THE LAW", una dichiarazione di fedeltà ai principi dell'underground vecchia scuola, e una dichiarazione di guerra contro la scena "funderground" che cerca di trasformare la musica e l'arte estrema in un prodotto "safe", socializzato e a portata di normie.
"Raw is the law" presenta un menu più che completo di ciò che ci si può aspettare dai Rotgod, da inni death/thrash primitivi e "riff-driven" a cortissime sparate di furia noise/grind, in equilibrio tra rabbia underground sfrenata ("Raw is the law"), passione vulnerabile e sentita ("Garden of God", inaspettato sequel al vecchio cavallo di battaglia "The serpent's speech") e ironia cazzona e beffarda in pieno stile thrashcore/grindcore/noisecore anni '80 ("Goth black metal tradcunt", "From the depths of Satania").
L'EP esce in un'edizione ultra-limitata in vinile 12'' di SOLE 30 COPIE, con un artwork realizzato dall'eccezionale artista italiano Claudio Elias Scialabba (Bunker 66, One Day in Fukushima, Tsubo, Visual Aggression Zine), un booklet con una prefazione da parte di Noise Maniakk, DUE ESCLUSIVI POSTER DEI ROTGOD che sono dei pezzi obbligatori per ogni vero fanatico del cattivo gusto, e un paio d'altre sorpresine che faranno la gioia di chiunque possa reputarsi un vero fanatico dell'underground anni '80!
L'edizione digitale contiene anche un remix/remaster della prima canzone in assoluto dei Rotgod, "Denial of nature", come bonus track: un'occasione per rivisitare da una prospettiva differente e sotto nuove lenti la canzone da cui tutto ebbe inizio dieci anni fa.
E allora, cosa state aspettando?
ARE YOU READY TO ROT ONCE AGAIN?
RUMORISMO MARCIO, VELOCE E ANTISOCIALE, SOLO PER VERI NOISE MANIAKKS!
NO TRENDS, NO SCENE, NO SLAM, NO MOSHCORE.





RAW IS THE LAW
Tipo: EP
Data d'uscita: 26 aprile 2025
Formati: Vinile 12", Digitale
NOISE MANIAKK - chitarre ritmiche/soliste, basso (tracce 1, 2, 3), voci soliste/cori
GIANCARLO TUCCIO - batteria (tracce 3, 4)
ER MAGNOTTA 666 - batteria (traccia 1)
CICCIO PALADINO - batteria (traccia 2)
GABRIELE NICOTRA - basso (traccia 4)
Canzoni scritte da Noise Maniakk a fine 2022 (tranne "From the depths of Satania", scritta a fine 2018).
Registrato tra 2023 e 2024.
Mixato/masterizzato da Noise Maniakk & Er Magnotta 666.
Copertina di Claudio Elias Scialabba (Visual Aggression Zine).

Il punto di vista di Noise Maniakk
"Raw is the law" è una celebrazione, e allo stesso tempo una dichiarazione di guerra.
Il fatto che sia uscito proprio nel 2025, anno in cui ricorre il decennale dall'avvio del progetto Rotgod, è solo una felice coincidenza temporale. È però notando questa coincidenza che ho deciso, in maniera invece del tutto intenzionale, di far coincidere la data d'uscita (26 aprile) con quella in cui, nel lontano 2015, scrissi il mio primo brano "Denial of nature", di fatto iniziando a lavorare all'album "Sonic degeneracy": praticamente, una simbolica "data di nascita" per Rotgod. Occasione perfetta per pubblicare un EP che si fa carico di uno statement così "focoso", radicale e rappresentativo di quella che è sempre stata la natura del progetto: a livello musicale, "Raw is the law" è il "manifesto Rotgod" a tutti gli effetti!
Il che ci porta alla "dichiarazione di guerra" a cui accennavo prima.
Il 2022 fu l'anno in cui i concerti ripresero a briglia sciolta dopo i due anni di pandemia, fu l'anno in cui io stesso ripresi a uscire più spesso dopo l'auto-reclusione degli anni di lavorazione a "Sonic degeneracy", ma fu per me anche l'anno di una radicale presa di coscienza. Tornando a frequentare la scena metal locale, notai un enorme ricambio generazionale rispetto al periodo pre-pandemia, con molte nuove facce: alcune benvenute (il mio caro amico Leo, in arte Shax, che conobbi proprio in quel periodo), altre molto meno. Mi resi conto che durante quegli anni di pandemia, in stato di isolamento sociale con YouTube, TikTok e Spotify sottomano (a cui si aggiunge l'influenza del film "Lords of chaos", uscito solo un anno prima l'inizio della pandemia), si era sviluppata una nuova generazione di metallari o autodichiaratisi tali, tuttavia totalmente dipendente e assuefatta ai trend dettati dagli algoritmi del web 2.0, e priva di qualsivoglia intraprendenza e curiosità ad esplorare per conto proprio. Vidi band che fino al giorno prima erano "underground" diventare improvvisamente virali e idolatrate da ogni parte in maniera acritica a causa di queste dinamiche algoritmiche, fomentate dalla macchina dell'hype dei media metal online più importanti come Decibel Magazine, MetalSucks e simili. Iniziai a notare delle dinamiche a dir poco sinistre, come la bastardizzazione e commercializzazione del filone old school death metal (che avevo seguito appassionatamente nel decennio precedente) ad opera di label come Maggot Stomp, le quali impacchettavano in una veste "vintage" e "underground" delle band che poi, ascoltandole, erano più simili nella sostanza al primo disco dei Suicide Silence uscito nel 2007, all'apice della tremenda era "MySpace deathcore". Tutta la scena cosiddetta "underground", di colpo, iniziò a sembrarmi via via più simile nelle dinamiche all'orrenda scena metal mainstream di quel vecchio periodo storico (2007-2011), che vissi solo di striscio ma che ricordo comunque bene. Chi è abbastanza vecchio da aver scoperto il metal nell'era del web 1.0, ricorderà sicuramente la sovrabbondanza di "metallini" la cui cultura non si spingeva oltre i soliti ovvi nomi storici scoperti tramite YouTube e Wikipedia (Metallica, Iron Maiden, Pantera, Black Sabbath...) e una ristretta cerchia di nomi più recenti che all'epoca erano considerati la "next big thing" e uscivano su grandi etichette, ma che non erano particolarmente rappresentativi del sottogenere a cui venivano normalmente associati: così, non era raro vedere i suddetti metallini citarti i Children of Bodom, gli Arch Enemy o addirittura gli In Flames come esempio rappresentativo del death metal, i Dragonforce come esempio rappresentativo del power metal, i Dimmu Borgir o i Cradle of Filth come esempio rappresentativo del black metal (ricordo che stiamo parlando di queste band in uno scenario post-2000, quando avevano già abbandonato i propri stilemi originari), o addirittura i Trivium come esempio di thrash al di fuori del Big 4, semplicemente perché non conoscevano nient'altro e gli mancava tutto il bagaglio storico che aveva portato da un punto A (le grandi band anni '80 citate prima) a un punto B (le band del momento sulla cresta dell'onda). Naturalmente, gente del genere era vista con sdegno e derisione da coloro che invece, come me, erano dotati di quel minimo di curiosità che serve per approfondire in maniera metodica e non dipendente dai trend del momento il genere musicale che si dice di amare. Ecco, l'approccio dei "metallini" di quel periodo è lo stesso che oggi avverto in molti cosiddetti amanti del "death metal old school" di oggi: adorazione smodata per le solite band storiche di fine anni '80/primi '90 che conosce ormai pure mia nonna (Death, Morbid Angel, Entombed, Obituary, Cannibal Corpse...), e poi un gap temporale gigantesco fino ai più recenti nomi revival sulla cresta dell'onda, come se in tutto questo lasso di tempo non sia esistito nulla di interessante nel death metal tradizionale, e la "rinascita" stia avendo luogo soltanto adesso che te lo dice l'influencer famoso. Non stupisce allora che i Blood Incantation, spinti all'inverosimile negli ultimi anni da tutti i media metal principali, appariranno come questi geni visionari assoluti sbucati fuori da non si sa dove, a questi ragazzini la cui dieta musicale non va solitamente oltre Entombed e 200 Stab Wounds, e che quindi ignorano l'importante background novantiano che ha influenzato i Blood Incantation, comprendente band come Demilich, Timeghoul, The Chasm e ovviamente Immolation. Sospetto che agli stessi Blood Incantation non dovrà far piacere avere un pubblico così acritico e schiavo del trend, perché loro in primis iniziarono a fare musica in un periodo in cui certe sonorità erano totalmente fuori moda, remando proprio contro quel tipo di dinamiche trend che oggi invece compongono una grossa fetta della loro fanbase.
Ed è questo il cuore del problema: da quell'underground sviluppatosi negli scorsi due decenni, in nome della resistenza dell'old school contro il metal mainstream moderno, sta ora fiorendo un "nuovo mainstream" ancora più insidioso, che si fa forte di retorica "old school" e passatista, ma spesso onorandola in modo superficiale e annacquandola con stilemi non meno "moderni" e modaioli in natura (come nel caso delle band Maggot Stomp, man mano diventate sempre più tendenti allo slam, al groove e all'hardcore moderno, con indosso quegli stupidi Pit Viper che fan tanto "white boy summer"). È triste da dire, ma la verità è che le band death e black metal "underground" che oggi sono virali tra i ragazzini hanno per loro lo stesso ruolo che band come Arch Enemy, In Flames, Children of Bodom, Trivium e Dragonforce avevano per i metallini dell'era web 1.0: stesso hype acritico, stessa blanda mancanza di curiosità e di profondità storica al di là di ciò che l'algoritmo e i media gli presentano davanti. Termini come "old school" e "underground" sono ormai ridotti a slogan vuoti, semplici token che fungono da aggregatori sociali per adolescenti in cerca di un'identità, pertanto del tutto inutili per chi è "semplicemente" alla ricerca di musica estrema stimolante e di valore.
Questo è esattamente tutto ciò che avevo in mente quando, nell'autunno 2022, scrissi i brani "Raw is the law" e "Goth black metal tradcunt", ribadendo la supremazia dell'underground anni '80 (il tipo di underground che mi ha sempre ispirato come Rotgod, e che tutti questi "blackster/deathster old school" di oggi nemmeno hanno idea che esista) e attaccando i trend moderni e il loro pubblico con tutta la cattiveria possibile e immaginabile.
Le registrazioni per gli EP "Polemics and obscenity" (finiti di scrivere a inizio anno) erano sul punto di iniziare, ma durante quell'autunno ero disgraziatamente bloccato a casa con il piede ingessato dopo che dei bastardi in motorino mi avevano investito mentre attraversavo la strada: era stata un'esperienza da incubo, da numerosi punti di vista, e allora le uniche cose che potevo fare per passarmi il tempo chiuso in casa erano ascoltare musica e scriverne di mia. In quel periodo, la mia ispirazione tornò una volta per tutte ai livelli iperproduttivi di un tempo, creando nuovi mirabolanti progetti come per esempio Black Katharsis: evidentemente, l'odio è sempre un buon carburante, e io in quel momento ne avevo davvero accumulato oltre il livello di guardia. Se ripenso ai nervi a fior di pelle che avevo all'epoca, quasi mi spavento. La stessa copertina dell'EP (anch'essa ideata e abbozzata in quello stesso periodo, prima di essere affidata all'eccezionale mano di Claudio Elias Scialabba), pur essendo chiaramente molto ironica e iperbolica, di sicuro non va per il sottile con tutto il sangue che viene sparso. Difatti, "Raw is the law" prosegue il lavoro di "incattivimento" generale dei Rotgod iniziato con "Polemics and obscenity": anche qui i pezzi sono perlopiù molto diretti, scarni ed essenziali, anche se un pelo meno ossessionati dall'orecchiabilità rispetto a "Polemics and obscenity", preferendo invece una maggior crudezza, un maggior primitivismo e un maggior "rumorismo" che richiamino in maniera più diretta gli anni '80; inoltre, anche qui l'umorismo thrashcore demenziale continua a retrocedere in importanza rispetto ai tempi di "Sonic degeneracy", concretizzandosi solo in "From the depths of Satania" (di cui avevo scritto la musica nel 2018 insieme ai primi pezzi di "Polemics and obscenity", e il cui testo è semplicemente la trascrizione quasi completa della mitica "Catania is burning" di Sito Esaurito, corrispettivo catanese del vecchio classico internettiano "Frangetta") e qualche intermezzo audio presente qua e là in mezzo alle canzoni, per stemperare i bollenti spiriti, proprio come in "Polemics and obscenity". Certo, c'è dell'ironia anche nel testo di "Goth black metal tradcunt", ma è un'ironia che definire "bastarda" e "meschina" sarebbe riduttivo: è un testo che prende di mira il tipico ragazzino nerd/doomer tradizionalista-reazionario (di quelli che hanno Jordan Peterson come guru, presumo) che ha scoperto Këkht Aräkh su TikTok, ha avuto il momento di identificazione "literally me" vedendolo conciato da romantico cavaliere con la spada e la rosa, e ha quindi costruito la propria intera personalità sull'esserne fan; beh, in quel testo ho raggiunto livelli di pesantezza e di cattivo gusto veramente degni degli Anal Cunt nel deridere e bullizzare il nostro protagonista augurandogli la fine peggiore, tanto da far sembrare a confronto la vecchia "Kill your hipster neighbor" un testo blando e bonario, e di questo onestamente vado molto fiero.
Di fatto, "Raw is the law" consolida in maniera definitiva la nuova direzione del progetto Rotgod, che si poteva già subodorare da "Polemics and obscenity": odio, odio, odio, solo odio, disprezzo, cattiveria gratuita verso tutti, e auguri di omicidi e malattie terminali così a buffo, in pieno stile Dario Greggio. Questo è forse il primo lavoro che ho scritto avendo pienamente chiaro in mente un approccio "elitista", ossia l'idea che la maggior parte della gente non meriti altro che mangiare la merda, e solo una ristretta parte (quella di cui cerco di circondarmi nella vita quotidiana, e a cui mi auguro arrivi la musica che faccio) valga davvero qualcosa, di fatto quindi diffidando in partenza da qualsiasi contesto e dinamica di aggregazione "sociale": laddove c'è del "sociale", laddove c'è la volontà di "parlare allaggiente verah", ci sono anche tutti i presupposti per l'annacquamento necessario a rendersi appetibili per tutti, esattamente come il death modaiolo finto-old school che annacqua la propria proposta underground con generi a carattere dichiaratamente "populista" come slam e beatdown.
"Raw is the law" è, in soldoni, un vaffanculo alla cosiddetta "scena", la tanto osannata "scena" che di underground ha solo la definizione (qualcuno utilizza il termine dispregiativo "funderground" per definirla più accuratamente), e alle dinamiche populiste che la avvelenano dall'interno anteponendo l'aggregazione e l'inclusione sociale all'integrità della proposta musicale in sé (tra l'altro, questo spirito "populista" caratterizzato dalla volontà di "unire tutti" è stato forse il tallone d'Achille insito nell'hardcore, che infatti a partire dagli anni '90 è andato via via a peggiorare come genere, diventando o sempre più machista e ottuso nel caso del beatdown, o sempre più lagnoso e adolescenziale nel caso del cosiddetto "emo", il quale nulla ha in realtà a che vedere con gli originari gruppi emocore degli anni '80). Contro tutte queste velleità comunitarie, in "Raw is the law" la mia posizione è più chiara di quanto sia mai stata in passato: il testo della title-track recita "long live antisocial music" (anche qui prospettando scenari di sterminio per i ragazzini lobotomizzati dai trend, campionando come esempio esplicativo lo youtuber Daniele Montesi del canale The Suckerz), mentre sul retro del disco sta scritto a chiare lettere "2015-2025: ten years of raw antisocial noise against all trends". L'antisocialità come essenza primaria di Rotgod, in quanto entità artistica con una visione individualista e non comunitaria.
L'unica deviazione dal percorso di puro odio, veleno, provocazioni di cattivo gusto ed estremismo underground è rappresentata da "Garden of God כַּרְמֶל (paradise lost)", un pezzo davvero anomalo per i soliti standard rotgodiani. Certo, in passato avevo avuto i miei momenti più riflessivi e malinconici tipo "Inner crisis (massive negation)", ma questo pezzo va davvero oltre, avendo un gusto melodico così "tragico" e decadente più tipico del filone gothic/death/doom anni '90 (Tiamat, My Dying Bride, Anathema e appunto Paradise Lost eheh!) che di qualsiasi disco thrash/grind/proto-death/proto-black anni '80. Qualcuno si chiederà il motivo di un simile deragliamento di percorso, all'interno di un EP in teoria tanto pesante e radicale. Effettivamente, è difficile da spiegare. Anche questa canzone la scrissi nel famoso periodo di convalescenza di autunno 2022 durante il quale avevo il fumo che mi usciva dalle orecchie per la rabbia, eppure il mood in questo caso è molto più calmo e contemplativo, perfino durante le tirate thrash veloci. In effetti, pure in questo caso (come per "From the depths of Satania"), alcune delle idee melodiche alla base del brano le tenevo da parte già dal 2018, in attesa dell'occasione giusta per usarle. Forse, arrivato a questo punto, sentivo il bisogno di chiudere una volta per tutte certi conti con il passato (approfittando della maggior "libertà" concessami dal formato EP), avendo già in cuor mio il sentore che in futuro certe deviazioni più "morbide" (vedi The Ineffable) non avrebbero più fatto parte della mia produzione, ormai sempre più votata all'estremismo sonoro puro e semplice (come dimostrato anche dai miei side-project degli ultimi anni).
Anche il testo del brano è interessante: si tratterebbe di un sequel ipotetico del mio vecchio cavallo di battaglia "The serpent's speech", ma con esiti decisamente opposti a quelli prospettati in quel vecchio testo che avevo scritto nel 2017. Nella prefazione inclusa nel booklet del disco ho già spiegato in maniera abbastanza dettagliata come questo cambio di paradigma sia indicativo della mia minor fiducia nell'umanità rispetto ai tempi di "Sonic degeneracy", quindi non mi ripeterò. Mi limito a dire che in effetti durante quel periodo di convalescenza stavo male, straordinariamente male, e questo credo risulti palese leggendo il testo di "Garden of God כַּרְמֶל" (e sì, quella scritta in ebraico nel titolo ha un significato); in più, scrivere sequel per distruggere ciò che hai creato in passato, facendo morire male i tuoi stessi personaggi, è un'attività dannatamente divertente che forse dovrei fare più spesso, da sadico hater del "fan service" quale sono.
Mentre lavoravo a "Raw is the law", e iniziavo a valutare l'idea di rilasciarlo in occasione del "decennale Rotgod", decisi anche di includere qualche chicca celebrativa come bonus track dell'edizione digitale. Fu a quel punto che tornai su uno dei tanti mix alternativi di "Denial of nature" rimasti inutilizzati ai tempi della lavorazione di "Sonic degeneracy", nel 2021. "Denial of nature" è, per chi non lo sapesse, un brano a cui sono visceralmente legato, ben più di altre canzoni più spesso nominate tipo "Sybaritic metal" o "Uncertain future": oltre ad essere la prima canzone scritta per Rotgod, in quella fatidica notte tra 25 e 26 aprile 2015, è anche uno dei miei brani preferiti a livello di riffing e di songwriting, che ha delineato la mia visione di metal primitivo underground fin dall'avvio del progetto, nel suo intreccio di riff thrash a rasoio mercilessiani e trame death metal più elaborate e intricate, il tutto sopra un beat pulsante, frenetico e inarrestabile che sembra venuto fuori da un demo del 1987. Tuttavia, a livello di mixing, è uno dei brani di cui sono meno soddisfatto in tutto "Sonic degeneracy": rispetto ad altre canzoni anche molto simili (tipo "Without dogmas" o "The serpent's speech", che all'epoca non ebbi problemi a mixare), qualcosa per "Denial of nature" non andò per il verso giusto, e purtroppo me ne accorsi troppo tardi, trovandomi quindi costretto a effettuare delle scelte di mixing che penalizzavano un po' le chitarre, per allineare il suono del brano a tutte le altre tracce del disco. Ricordo che nel 2021 rimasi fino all'ultimo a lavorare ansiosamente sul mix/master di "Denial of nature", prima di decidermi una volta per tutte, concludendo così ufficialmente la lavorazione di "Sonic degeneracy": tutto era iniziato con "Denial", e tutto si chiuse con "Denial".
Tuttavia, tenevo ancora sull'hard disk questo mix inutilizzato, che era praticamente l'esatto opposto di quello che avevo approvato all'epoca: un suono cupissimo, cavernoso e quasi sulfureo, con i bassi sparatissimi, che privilegiava nettamente i riff di chitarra (le cui frequenze fondamentali erano perlopiù molto basse) rispetto alla batteria. Ho quindi provveduto a "ripulirlo" e "addolcirlo" in sede di mastering, quanto bastasse a renderlo ascoltabile senza fare esplodere qualsiasi subwoofer con cui venisse in contatto, e l'ho scherzosamente reintitolato "Denial of treble swamp mix". Non voglio dire che questa versione sia superiore alla precedente, o che debba essere considerata "la versione definitiva" di quel brano (se non addirittura "la patch fixata") da sostituire all'originale, perché penso che questo tipo di operazioni siano deplorevoli (vero, Dave Mustaine?). Non penso affatto che questo mix risolva tutti i problemi dell'originale, perché il materiale alla fonte rimane sempre quello, con tutti i suoi frustranti limiti in sede di registrazione: semplicemente, questa è stata l'occasione per ascoltare "Denial of nature" da una prospettiva diversa, con maggiore enfasi data a quel micidiale riffing deathrash che tanto mi sta a cuore, senza più la preoccupazione di dover adeguare il suono del brano a quello di altre canzoni nello stesso disco, essendo questa pensata come bonus track standalone. I difetti del vecchio mix sono i punti di forza di questo nuovo mix, e le debolezze di questo mix sono i punti di forza di quello vecchio. Sta a voi decidere quale preferite!
In conclusione: il modo in cui vorrei che "Raw is the law" venisse ricordato in futuro è come uno spartiacque nel percorso rotgodiano. Celebrando i dieci anni di vita del progetto, ho avuto modo di guardarmi indietro, chiudere delle questioni in sospeso, levarmi alcuni sassolini dalla scarpa accumulati in questo decennio, e nel contempo aprire una nuova direzione (già in passato anticipata da pezzi come "Insipid metal", su "Polemics and obscenity") molto più oltranzista e apertamente belligerante nei confronti delle mode, delle cosiddette comunità "alternative" e del cosiddetto "funderground", che sta ormai soppiantando l'underground fatto come Dio Tom G. Warrior comanda. A mettere a tacere ogni possibile obiezione da parte dei "death/black metal normie" moderni, ho incluso sul retro del booklet una esaustiva "top 30" di canzoni che rappresentano al meglio le mie vere radici come musicista, il vero marciume rumorista anni '80 a cui mi ispiro per Rotgod, da parte sia di band ultrafamose (come Napalm Death, Sodom, Destruction e perfino Death, dei quali ripesco una chicca dai demo) che band di culto note solo ai veri intenditori (Necrobutcher, Holocausto, Parabellum, Chronical Diarrhoea, Necrovomit, Nuclear Death). Come dico anche nel testo di "Raw is the law", "essere underground" non equivale semplicemente allo status di band emergente poco conosciuta, ma rappresenta un preciso approccio al metal: band come Bütcher, Blasphamagoatachrist, The Chasm, Bloody Vengeance, Axis of Advance e Mephitic Corpse sono ovviamente più famose della classica band di paese che cerca di imitare i moderni Dimmu Borgir, ma sono senza dubbio più "underground" nell'approccio e nello spirito rispetto a quest'ultima.
"Raw is the law" è per me importante anche a livello personale, pensando allo stato mentale in cui mi trovavo ai tempi della sua scrittura, a fine 2022: come accennato prima, quello fu l'inizio di un ciclo di rinnovata ispirazione per me come songwriter, dopo aver riscaldato i motori con "Polemics and obscenity" e The Ineffable; da questo nuovo ciclo, ovviamente, sono derivati tutti i miei side-project degli ultimi anni come Black Katharsis, Foetophile e altri ancora in lavorazione, oltre ovviamente al secondo album dei Rotgod che è già in preparazione dal 2023. Insomma, è triste che questo rinnovamento della mia visione e ispirazione debba aver avuto luogo in seguito a eventi così negativi nella mia vita, ma sicuramente qualcosa nella mia testa cambiò significativamente in quel periodo, e "Raw is the law" è sintomatico di tale cambiamento, di cui avrete presto modo di gustare i frutti più maturi e succosi.
COGUMELO SOUND FOR LIFE!
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